Tempo di tanti pensieri.
Ehm… come se esistesse per me un tempo senza pensieri. Ho in testa un condominio di persone che pensa. Me lo diceva anche M. a 250 km di distanza “sento gli ingranaggi del tuo cervello”.
Non stupisce che fatichi a dormire, con tanto rumore.
Comunque, nel mio pensare recente si è formata la convinzione che siamo determinati dalla nostra storia. Non solo il nostro vissuto, ma esattamente la storia.
Insomma fa differenza essere nata in una famiglia modesta nella russia pre-Perestrojka o essere nata nello stesso periodo in una modesta famiglia italiana. Fa differenza anche la zona d’Italia in cui sei nata.
Mia cognata russa ha una laurea mai usata, nonostante fosse una ragazzetta quando ha cominciato a girare per il mondo in quanto atleta di buone capacità. In russia la laurea era considerata importante, te la pagava lo stato, la prendevi.
Nell’operoso Nord-Est italico la laurea era un di più, costoso. In un posto in cui la filosofia di vita non è “fatti una cultura, che serve sempre”, e nemmeno “impara l’arte e mettila da parte”, ma “due cuori e un capannone (come dice Paolini)”… cosa ti aspetti? Se fai parte di una famiglia modesta, anzi diciamolo proprio, povera… ti dicono “vai a lavorare”. Anche se lavoravi già dall’età di 12 anni. Solo d’estate, però.
Poi la vita va come deve andare, alla laurea ci arrivi, ma a quarant’anni suonati, ed in un modo che… vabbè, lasciamo stare. Ti guardi intorno, pensi a tutti i tuoi parenti, tutti tutti, fino ai cugini di secondo grado, e ti accorgi che in quel nutrito gruppo di persone, sei la seconda a laurearti. E la prima potrebbe anche buttarla nel cesso, la sua, perchè praticamente non la sfrutta.
E’ la tua storia, la storia del posto in cui sei vissuto, la storia della tua famiglia, non solo come tu hai vissuto la tua storia e l’hai elaborata. E’ tutto un concatenarsi. E solo in parte puoi uscire dai meccanismi in cui sei.
Che poi… poi c’è la genetica e ci sono gli insegnamenti. Siamo quel che mangiamo, siamo quel che pensiamo, siamo quel che ci viene sottilmente instillato ogni giorno dal momento che nasciamo. Non c’è scampo.
Anche andando a vivere in Australia, dove tutto è profondamente diverso, anche lì un giorno mi sorprenderei a fare un gesto che mi ricorda mio padre, a ripetermi una delle frasi lapidarie di mia madre, o avrei nostalgia del fiume. O qualche altra cosa così.
Possiamo avere consapevolezza dei meccanismi, possiamo lavorare su noi stessi, ma non ci scrostiamo di dosso quel che siamo e non potremo mai rifarci delle occasioni non avute in quanto nati nel posto sbagliato, nel momento sbagliato… anzi non sbagliato, ma diverso.
Possiamo solo lavorare con quel che abbiamo. Poi… c’è lavoro e lavoro. Per mia sorella tanti dei nostri problemi sono dovuti alle paure e alle insicurezze di nostra madre. Io dico che mia madre ha fatto parecchi errori, ma una donna che a 44 anni rimane vedova, senza lavoro e con 5 figli in età tra i 21 ed i 7 anni, e in qualche modo va avanti, non può essere definita paurosa ed insicura.
Il punto di vista di mia sorella è dato dal fatto che non ha più potuto fare quel che prima le era permesso da papà. Io che non ero ancora arrivata ad avere l’età per chiedere… figuriamoci per fare, non ho rinunciato… semplicemente non ho avuto. Lei si sente molto più defraudata di me. Io la vedo diversamente.
Ho fatto pace con quel che mia madre è, mi son fatta aiutare per riuscirci. Non potevo più continuare a rimuginare su quel che sarebbe accaduto se. E’ un’abitudine, a volte riaffiora. Ma ora capisco che mia madre ha fatto quel che era capace di fare, ma anche quel che il suo ambiente le permetteva di fare. E non ha fatto poco.
Perchè la storia umile della mia famiglia, senza grandi personaggi, senza scrittori e dottori, senza grandi viaggi e conquiste, è fatta comunque di alcune figure forti. Di una bisnonna che non seguì i consigli del prete, ma il suo istinto, di una nonna che guidava quando nemmeno tra i maschi era comune, dell’altra nonna che si fece 40 km in bicicletta, col pancione, durante una guerra, solo per abbracciare il marito. E’ fatta di quel minuto tessuto anonimo che fa la storia, ma di cui i libri di storia non parlano mai. E’ fatta di persone vissute intorno al fiume, cercando di governarlo. Sciagurati sognatori.
« E quale i padovan lungo la Brenta per difender lor ville e lor castelli anzi che Chiarantana il caldo senta […] a tale immagin eran fatti quelli tutto ché né sì alti né sì grossi qual che si fosse lo maestro felli » |
(Inferno, canto XV) |