L’insegnante di lingua dei segni è un tipetto minuto, simpatico, molto espressivo… e non dice una parola.
Fare lezione è divertente, anche se mi sento imbranata. Quasi ogni gesto viene associato da qualcuno ad un qualche cosa che lo rende memorizzabile più facilmente. Ogni tanto noi udenti scoppiamo a ridere, per una battuta che l’insegnante, tempo trenta secondi, recepisce e controbatte.
Ora il problema è che io non sono capace di memorizzare tutti quei segni per potermi esercitare, ed al momento non abbiamo materiale su cui studiare.
Come per qualsiasi lingua, ci sono espressioni diverse per lo stesso concetto: il segno per giallo non è unico, per dire. Quindi cercare online si rivela perlopiù una perdita di tempo.
Capisco perfettamente, ora, perchè un genitore cui nasce un bimbo sordo si fermi a “mettiamo l’impianto cocleare e il piccolo guarirà”
Non è così, ma imparare una lingua da zero può essere davvero difficile. Soprattutto se la lingua in questione non è riconosciuta. Oltre ad altre implicazioni più complicate e profonde.
Intanto vado a cercarmi un dizionario.
interessante!
Una coinquilina (spagnola) all’università studiava psicologia, cercando di specializzarsi nel linguaggio dei segni: è stata una sorpresa apprendere che i linguaggi dei segni sono comunque tutti basati sui linguaggi nazionali.
sono lingue, non linguaggi!
E come ogni lingua sono legati alla cultura locale e sono in evoluzione. Noi non usiamo più alcune parole, in LIS i segni si trasformano spazialmente. La tendenza ora è quella di occupare meno spazio, ad esempio.
Pensa la fatica di un interprete il cui meccanismo mentale è: parola italiana/segno italiano/parola inglese/segno inglese. Ci sono due passaggi in più. Mica pizza e fichi.
E’ un mondo estremamente affascinante.