Vado nell’unica libreria scolastica (non universitaria) rimasta a Padova, e niente.
Allora vado nella libreria ‘quella grande’, quella che insieme alla prima ha fatto fuori quasi tutte le altre.
Piano meno uno: manualistica.
In fondo c’è una stanza intera tutta piena di libri sull’alimentazione: dieta mediterranea, a zona, antiinvecchiamento, proteica… fino a quella per curare il cancro!
Nella stanza attigua una stanza un poco più piccola, con due scaffali (cioè meno della metà) sull’insegnamento. Per maestre, per insegnanti, per genitori. Per insegnare la musica, le lingue, la psicomotricità, fino allo yoga.
Qui in mezzo c’è il dizionario di lingua dei segni italiana. Solo uno, solo quello che ho acquistato io.
E’ stato pubblicato in prima edizione nel 1998. Prima non esisteva. Non c’era alcun dizionario del genere in italia.
E fin qui ognuno trae le sue conclusioni
L’autore dice che dopo il collegio per sordi, venne a Padova all’Istituto Magarotto, unico Istituto tecnico per sordi in Italia.
Una delle sedi del Magarotto era (non so se sia ancora così) proprio attigua alla scuola che ho frequentato io. Avevamo un Preside fantastico che ci spingeva ed incoraggiava a fare un paio di feste l’anno, alle quali venivano invitati gli studenti degli Istituti vicini. La mia era una scuola decentrata, molto grande, allora sperimentale, popolata quasi esclusivamente da femmine. Accanto c’erano il tecnico d’agraria, il professionale d’agraria, ed il Magarotto. Il Preside dell’Istituto tecnico d’agraria declinava sempre l’invito. Gli altri venivano, e la popolazione studentesca, per un giorno cambiava percentuale di genere.
Feste meravigliose, con gare e tornei vari, cibo, caciara. Nessun danno alla struttura. Evidentemente erano altri tempi, perchè nella scuola di mio figlio ogni due per tre spaccano i bagni, senza bisogno di feste.
Per me era normale vedere i ragazzi segnare. Lì o in autobus, visto che la sede principale del Magarotto era sul percorso dell’autobus che io prendevo quando era ragazzina.
Non ho mai pensato che fosse tanto strano avere un istituto per sordi in città. Pensavo ci fossero ovunque.
Una volta di più mi rendo conto della differenza che faccia crescere in una città come la mia, dove l’Università fa parte del tessuto stesso della città. L’Università è così antica che la città è cresciuta con lei e con tutti i suoi prestigiosi risultati. Nella mia città c’è una ‘zona Istituti universitari’, per dire.
Una città con la piazza più grande d’Europa, che sembra una sciocchezza, ma ti dà una prospettiva diversa, ti abitua ad una certa idea di piazza, e di spazio, che te ne rendi conto solo poi, quando vai nelle altre città, e cerchi sempre “la piazza”, il punto di riferimento forte sulla cartina, il colpo d’occhio.
Una città in cui c’era l’Istituto per sordi (ora è una scuola, non c’è più il convitto, e quindi presumo non accolga più ragazzi da tutta italia).
L’abitudine allo straniero, al forestiero, all’altro da te, ed alla cultura, all’accoglienza. Anche alle bastonate tra fascisti e comunisti ed alla Celere che interveniva.
Una città tutto sommato piccola ma piena di cose belle e contrasti.
Capisco perchè il Principe, abituato a questo (anche se abitiamo fuori dalla città), faccia così fatica ad andare d’accordo con gente semplice, di paese, la cui prospettiva sono i campi da coltivare. Per quanto in parte anche lui provenga da lì. Capisco che gli vada stretto un certo modo di pensare e capisco i suoi pensieri fascistoidi. Anche se cerco di raddrizzarli.
Capisco meglio me stessa, che sono fatta in un certo modo. Perchè vengo da quella specifica famiglia, e perchè sono cresciuta in questa specifica città, e lavoro per quella specifica università, con tutti i suoi difetti.
E sono strana, lo so. Ma non è tutta colpa mia!
Nella città in cui ho vissuto per quarantasei anni non c’era università, non c’erano scuole sperimentali e chi sceglieva il liceo artistica era già considerato “strano”, città di metalmeccanici e contadini, spesso entrambe le cose assieme base all’orario, per arraffare un minimo di cultura bisognava prendere il treno. Ci sono nata, cresciuta e maturata, dovrei esserne stata anche plasmata. Eppure m’è sempre stata stretta lo stesso, e adesso che vivo da tutt’altra parte mi sembra di aver iniziato a respirare ieri.
forse perchè hai preso il treno fin da “piccola”, sennò ti saresti abituata a quella mentalità.
Non ti pare che molti tuoi coetanei siano così?
Si in effetti è vero, io di treni ne ho presi fin da piccola, ma tanti miei coetanei no. Ritrovarsi spesso in mezzo a persone senza argomenti di conversazione, beh è dura da digerire, e le città crescono se chi ci vive appoggia chi ha voglia di farle crescere.
esatto.
Credo che il fatto di crescere in una città già cresciuta, cambia le cose.
Ti dà anche un senso di sconfitta, a volte, avere la sensazione che non si possa crescere oltre…
E per me invece fu il contrario quando arrivai a Bologna…!
non ho capito
La sensazione della grande città immensa… anche se non era poi così immensa. Ma venendo da una cittadina di provincia…
la mia è piccola, non è una metropoli, però ha particolari caratteristiche
Non ho ben capito la storia del vocabolario… l’hai comprato tu quello della biblioteca o è uguale al tuo? E le conclusioni quali sono, che ti sei messa a studiare il linguaggio dei segni per… ehm… parlare (come diceva mia zia) con i ragazzi dell’altro istituto? 🙂
Poi mi devi spiegare cos’è che capisci delle tendenze fasciste di tuo figlio, che sono ideologie tendenzialmente razziste caratterizzate da una chiusura sociale, contrapposte alla città di Padova dedita al forestiero, straniero e all’accoglienza. Se fosse abituato ad una città così dovrebbe aver assorbito dell’ideologie più aperte all’esterno, non certamente al nazionalismo integrato. Non ti pare?
libreria, non biblioteca: i libri si comperano in libreria. Che ci siano tantissimi libri sulle diete e molti meno sull’insegamento, cosa ti fa pensare? che tra parecchi libri sull’insegnamento ce ne sia uno solo, un dizionario, sulla lingua dei segni, cosa ti fa pensare? Non ti pare che dovrebbe essere più importante la lingua dei segni che l’insegnamento dello yoga?
Sto studiando la Lis perchè ne ho avuto l’occasione, e ne ho da sempre il desiderio, e mi ha aperto gli occhi su parecchie cosette. La scuola l’ho finita da un pezzo, eh.
Le tendenze di mio figlio sono dovute dal frequentare ragazzi un po’ fascisti per superficialità.
Padova è una città accogliente, ma con forti tradizioni fasciste. A seconda dell’ambiente che frequenti assorbirai più una cosa o più un’altra. E lo capisci solo dopo.
E i Veneti in generale tendono ad essere razzisti, salvo poi lasciarsi conquistare dal diverso e considerarlo amico per sempre.
Ahahah!!!! Con “libreria scolastica” e la storia dei tuoi vecchi istituti ho pensato alla biblioteca scolastica… che pirla, errata associazione d’idee…
Come l’avevi descritto sembrava che i pensieri fascistoidi erano dati dalle particolari caratteristiche della città di Padova, invece è solo per qualche amico coglione…. 🙂
che però rispetta una certa (deviata) tradizione
verissimo…siamo frutto di molte cose…dalla famiglia ,alle radici, alla terra..
padova è molto bella e molto aperta…anch’io faccio fatica a vederci pensieri fascistoidi ma forse è un limite mio ( con i pensieri fascistoidi in generale)
ho lo stesso tuo limite, ma mio fratello maggiore a volte non poteva entrare a scuola per le scaramucce tra i fascisti ed i comunisti (allora si chiamavano ancora così), io ricordo i miei compagni del fronte della gioventù. Con questo non giustifico, dico solo che è uno dei pensieri che percorre questa città, e dall’altra parte c’è quello dei centri sociali. Al momento mio figlio tende verso il primo, ma poi va ai festival di radio sherwood, che sono “dall’altra parte”. Sono i contrasti che derivano dal crescere in una città in cui certe impronte ci sono.
Un po’ alla volta si assorbono e col tempo si formano idee più chiare.
mi hai fatto vedere una città che non conosco, non attraverso i suoi monumenti ma attraverso l’aria che vi si respira. Bene!
ml
prova a venirne a vedere i monumenti: l’azzurro di Giotto va visto, io credo!